Body positivity, il movimento che abbatte i pregiudizi e concede più libertà al look delle donne

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Body positivity

Negli ultimi anni stiamo assistendo ad una recrudescenza del cyberbullismo, una variante più tecnologica del bullismo che dalla vita reale si è spostata sul web. I “cyber-bulli” prendono di mira le loro vittime principalmente per i chili di troppo, ma anche per l’aspetto fisico, per l’etnia, per la religione e tutto quello che, in un certo senso, viene considerato diverso. Così è nato il body positivity, un movimento in aperto contrasto con il body shaming, quella forma di bullismo che colpisce l’aspetto fisico delle persone.

Anche i brand di moda, che fino a qualche decennio fa mandavano in passerella modelle magrissime ed al limite dell’anoressia, stanno rivedendo i loro canoni di bellezza. Diversi vip e personaggi del cinema e dello spettacolo sono scesi in prima fila per sostenere il movimento del body positivity. La giunonica Ashley Graham, la modella Dani Miller dal sorriso imperfetto e Vanessa Incontrada, presa in giro semplicemente per avere messo su qualche chilo di troppo dopo il parto, sono tra le principali portavoce di questo fenomeno.

Come nasce il body positivity?

Il movimento nasce a cavallo tra il 2010 ed il 2011 per volontà di alcune donne di colore “oversize”, messe ai margini della società per il colore della pelle e per il peso “importante”. Sui social iniziò così a diffondersi l’hashtag #bodypositivity, finalizzato a ridefinire i tradizionali canoni di bellezza.

Il body positivity non si rivolge solo alle persone con qualche chilo di troppo, ma anche a chi ha qualche disabilità fisica, cicatrici o altre malattie come psoriasi e vitiligine. Il movimento tratta i difetti fisici come tratti distintivi, che danno unicità ad ogni persona.

Ecco quindi che anche le persone con qualche difetto fisico, o che comunque non rientrano nei classici canoni di bellezza, hanno iniziato ad ottenere visibilità in tv, nelle pubblicità o sulle riviste patinate di moda.

Il risveglio delle coscienze

Il termine body positive ha dato vita ad una serie di organizzazioni ed associazioni, finalizzate a spezzare le catene del bullismo che hanno un notevole impatto anche a livello mentale e psicologico sulle “vittime”.

Eleanor Higgins di Anybody, ramo di un’organizzazione mondiale che mira ad incentivare la rappresentazione delle donne in ambio mediatico, spiega di voler dare visibilità a tutti, soprattutto alle persone emarginate.

La piattaforma apre le porte a chiunque, anche agli “invisibili” considerati moralmente e fisicamente “imbarazzanti”, come disabili, persone con cicatrici o sfigurate, trans ecc.

Liam Preston, che ha realizzato la campagna BeReal di YMCA, sostiene che bisogna invertire i canoni di bellezza imposti dalla società. Se una persona non si vede bella, ha poca fiducia e scarsa autostima di se stessa. Di conseguenza ha meno voglia di sposarsi, non va a sostenere colloqui di lavoro e addirittura preferisce non andare in vacanza.

Tutto questo solo per qualche difetto fisico ed è questa concezione che deve cambiare e che, fortunatamente, sta cambiando, anche se a piccoli passi.

Così vengono ribaltati i canoni di bellezza col body positivity

Il movimento sta minando anche le certezze dei brand di moda, smascherando le incertezze e le difficoltà che si celano dietro la maschera di una bellezza solo apparentemente perfetta.

Molte modelle dal corpo alto e snello, o le ragazze che intendono intraprendere questo percorso, soffrono in realtà di anoressia, bulimia ed altri disturbi mentali che incidono pesantemente sul loro equilibrio psico-fisico.

Magrezza non sempre equivale a benessere e per raggiungerla sono necessarie diete drastiche, affiancate ad abitudini alimentari poco salutari. Vale la pena affrontare tali sacrifici solo per rispondere a canoni di bellezza prestabiliti?

Secondo il movimento body positivity la risposta è no, ed anche i brand di moda stanno iniziando a rivedere le loro posizioni. Bisogna partire dal presupposto che non tutte le persone sono le stesse, quindi ognuno a suo modo è unico.

Inoltre un corpo perfetto non può essere considerato la normalità poiché le persone “normali”, ma anche vip e attori famosi, presentano qualche piccolo o grande difetto.

Il cambio di mentalità dei brand di moda

Vanity Fair è uno dei primi magazine di moda che si è schierato a favore del body positive, difendendo l’acne di Giulia De Lellis o i chili post-parto di Vanessa Incontrada.

Ha suscitato molto scalpore la campagna pubblicitaria di Gucci, che ha scelto Armine Harutyunyan come modella, considerata troppo brutta per gli standard della casa di moda italiana.

Nella stessa direzione sono andati Versace e Dolce & Gabbana, che hanno scelto modelli con corpi e visi normali. Uomini e donne hanno sfilato sicuri dei loro corpi e dei loro difetti, senza paura di mostrarsi al mondo.

Sono tanti i brand che si sono dati da fare per abbattere stereotipi o pregiudizi, scegliendo modelle con colori e lineamenti differenti.

Non tutti però si sono allineati, Victoria’s Secret ha infatti puntato su modelle dai canoni di bellezza molto elevati. Per questo motivo il brand statunitense si è attirato molte critiche, soprattutto dalle femministe, che lo hanno accusato di non restare al passo coi tempi.

Fonte foto: Pixabay

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Pina Tamburrino
Presidentessa Osservatorio Mondo Retail - MagicStore

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